Il governo, in Afghanistan ha speso delle pedine desiderose di gloria per ottenere la liberazione dell’inviato di Repubblica Daniele Mastrogiacomo, salvo poi ricevere delle bacchettate dagli alleati “attivi” sul territorio, per averlo liberato rilasciando dei Talebani. Le conseguenze di quest’operazione non sembrano terminate, il caso Mastrogiacomo è stato utilizzato per far pesare la nostra politica estera su un teatro che ha gli occhi del mondo puntati addosso, fino a mettere in gioco il prosieguo della presenza militare italiana in Afghanistan. Ricordiamo che il traduttore e l’autista rapiti insieme a Mastrogiacomo sono stati uccisi, il mediatore di Emergency sospettato dal governo afghano d’avere a che fare con i rapitori è stato arrestato, mentre quattro dei cinque Talebani rilasciati in cambio di Mastrogiacomo sono stati uccisi in base a servizi d'informazione afghani.
La situazione è complessa e critica, e il ministro degli esteri D’Alema intende liberare dalle prigioni afghane Hanefi, il mediatore di Emergency, e siccome Karzai è atteso alla conferenza sulla giustizia a Roma il 3 luglio, minaccia di cancellarla, poi D’Alema replica al recente G8 trasformando in europeo un problema italiano.
Vale la pena rischiare di rimangiarsi la parola se non ottiene i risultati sperati? Annullare quella conferenza, significa un po’ rigettare l’Afghanistan in uno stato non di diritto e venire meno alla propria missione di pacificazione e stabilizzazione di un paese. Era quello che voleva D’Alema?

Meno di 24 ore fa hanno rapito un sacerdote italiano, Giancarlo Bossi, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere, nella zona di Zamboanga (Mindanao) delle Filippine meridionali. Fin’ora solo il papa ha fatto un appello per tutti i rapiti nel mondo e in particolare per Giancarlo. Ovviamente in Italia se ne interessa solo la diplomazia ufficiale, visto e considerato che non ha rilevanza politica, oltretutto Giancarlo è schierato ideologicamente nelle file dell’opposizione!

Foto dal sito lettera22.it