É l’agosto del 2006 quando il Ministro degli esteri D’Alema e il presidente del consiglio Prodi cercano, dopo aver dato un taglio alla precedente politica estera, di riconquistare una posizione agli occhi dell’Europa e USA.
Si sa che in politica estera non si possono fare stravolgimenti da un giorno all’altro, come cambiare il colore di un governo, ragion per cui non è possibile togliere qui e mettere là, come in una scacchiera virtuale, ecco che allora su una simile uscita infelice di Antonio Martino che vorrebbe togliere la Unifil dal Libano e mandare degli esperti militari in Iraq, si levano obiezioni da ogni schieramento politico. Capisco che il desiderio di mandare al macero il vecchio governo spinga a pensare in modo poco razionale, ma pure il governo uscente prese delle iniziative simili appena s’insediò ed ora sono tutti bravi ad insegnare, ma, già, siamo in campagna elettorale e qualcuno spera che i cittadini abbiano dimenticato.

È vero che siamo andati in Libano per fare i pupazzi, anzi, peggio, anziché disarmare gli Hezbollah, assistiamo al loro “pacifico” riarmo perché non possiamo impedire che le armi passino indisturbate la frontiera con la Siria.

È vero che in Libano, per fare quello che abbiamo fatto fino ad oggi, poteva andarci anche una squadra d’osservatori e usare eventualmente le risorse economiche per bonificare il grave inquinamento di carburante finito in mare durante gli scambi armati tra Hezbollah e israeliani. Facevamo ugualmente una bella figura.